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Santi del 28 Aprile

Il mio Santo > I Santi di Aprile

*Sant'Afrodisio di Beziers - Vescovo (28 Aprile)

Martirologio Romano: A Béziers nella Gallia narbonense, ora in Francia, Sant’Afrodisio, venerato come primo vescovo di questa città.  
E ritenuto il primo vescovo di Béziers, dove sarebbe stato istallato da san Paolo di Narbonne. Gregorio di Tours colloca la sua missione verso la metà del sec. III, e la notizia è assai verisimile. Alcune lezioni di un breviario di Béziers del sec. XIV lo dicono «egiziano» (cioè, orientale) e lo presentano come un funzionario della prefettura d'Egitto convertitosi in età matura. Le note relazioni tra la regione di Narbonne e l'Oriente durante il III sec. militano in favore di questa versione.
Al contrario, si devono ritenere leggendarie le notizie fiorite intorno ad Afrodisio dai vangeli apocrifi. Nel Vangelo dell'infanzia si parla di un tale Afrodisio che avrebbe protetto la Sacra
Famiglia al tempo della fuga in Egitto.
Fu così che, partendo dall'identità del nome, la leggenda fece di Afrodisio un prefetto d'Egitto, protettore di Giuseppe e di Maria, il quale si sarebbe poi recato in Palestina apprendendo i miracoli di Gesù e diventandone il più fedele discepolo.
Di là, imbarcatosi con Lazzaro e le sue sorelle, sarebbe sbarcato insieme con essi in Provenza; poi, dopo essere stato consacrato vescovo di Béziers, sarebbe morto martire sotto Nerone. Tuttavia, anche il martirio stesso è dubbio.
Questo Afrodisio fu certo identificato arbitrariamente con Afrodisio, vescovo di Béziers: moltissimi personaggi delle scritture canoniche o apocrife furono infatti oggetto di simili identificazioni.
A Béziers si conserva un sarcofago che avrebbe contenuto il corpo del santo vescovo, il quale un tempo era festeggiato il 22 marzo insieme con san Paolo di Narbonne.
La diocesi di Montpellier lo celebra il 28 aprile. Afrodisio era invocato contro l'epilessia dei bambini.
Nelle rappresentazioni iconografiche è generalmente accompagnato da un cammello, di cui una riproduzione in cartapesta era portata in processione per le strade il giorno della sua festa.

(Autore: Roger Desreumaux - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sant'Afrodisio di Beziers, pregate per noi.

*Sant'Artemio di Sens - Vescovo (28 Aprile)
† 28 aprile 609 (?)
Vescovo a Sens dal 579 al 609.

Nella cronotassi dei vescovi è inserito al diciassettesimo posto.
Artemio, era un uomo sposato, che ebbe una figlia Eulogia. Rimasto vedovo prese gli ordini sacri.
Il 23 aprile 579 venne consacrato vescovo della diocesi di Sens.
Prese parte ai concili di Macon del 583 e del 585.
Riunì un concilio a Sens, per riformare la disciplina monastica secondo i dettami di San Gregorio Magno.
Durante la sua esistenza la tradizione racconta che avrebbe ammesso alla confessione, su indicazione del Pontefice, uno spagnolo di nome Bond (Baldus) grande criminale, che aveva ucciso entrambi i genitori, e che dopo sette anni di dura penitenza, fu onorato di culto dopo la sua morte.
Sant’Artemio morì il 28 aprile 609 (?) e fu sepolto nella chiesa di Saint Pierre.

(Autore: Mauro Bonato – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sant'Artemio di Sens, pregate per noi.

*Beato Carino Pietro da Balsamo - Domenicano (28 Aprile)

sec. XIII – 1293
Il Beato Carino Pietro da Balsamo, fratello converso dell’Ordine Domenicano, fuggito alla giustizia dopo l’omicidio di San Pietro da Verona, fu trasformato dalla grazia divina, quando, ormai sfinito e
ammalato si confessò a Forlì presso il priore del vicino convento dei Domenicani.
Carino da uomo crudele, avaro e senza scrupoli che era, fu trasformato dalla Misericordia divina: trascorse la vita in preghiera, nella penitenza e nel lavoro, piangendo il suo delitto, ed ebbe come padre spirituale il Beato Giacomo Salomoni da Venezia.
Morì sicuramente a Forlì nel 1293, ma non si conosce con sicurezza la data della morte.
Il regolare processo per il riconoscimento del culto ad immemorabili iniziò nel 1822 a Forlì, ma la morte di Pio VII e la scomparsa dei molti atti del processo arrestarono l’iter della causa.
Il Beato Carino è sepolto nella cattedrale di Forlì, dal cui capitolo, nel 1934, Balsamo ottenne la reliquia del santo capo, alla cui festa di accoglienza partecipò anche il Beato Schuster.  
La memoria liturgica del Beato è il 28 aprile, giorno di questa ultima traslazione.

(Autore: Don Damiano Marco Grenci - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Carino Pietro da Balsamo, pregate per noi.

*Santi Eusebio, Caralampo e Compagni - Martiri (28 aprile)

Martirologio Romano: A Nicomedia, Santi Eusebio, Caralampo e compagni, martiri.  
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santi Eusebio, Caralampo e Compagni, pregate per noi.

*Santa Gianna Beretta Molla (28 Aprile)
Magenta (MI), 4 ottobre 1922 - 28 aprile 1962
Limpida e graziosa. Così appare la dottoressa Gianna Beretta all'ingegnere Pietro Molla nei primi incontri. Si conoscono nel 1954 e si sposano a Magenta il 24 settembre 1955.
Gianna, la penultima degli otto figli sopravvissuti della famiglia Beretta, nata a Magenta, è medico chirurgo nel 1949 e specialista in pediatria nel 1952. Continua però a curare tutti, specialmente chi è vecchio e solo.
«Chi tocca il corpo di un paziente - diceva - tocca il corpo di Cristo».
Gianna ama lo sport (sci) e la musica; dipinge, porta a teatro e ai concerti il marito, grande dirigente industriale sempre occupato.
Vivono a Ponte Nuovo di Magenta, e lei arricchisce di novità gioiose anche la vita della locale Azione cattolica femminile.
Nascono i figli: Pierluigi nel 1956, Maria Rita (Mariolina) nel 1957, Laura nel 1959.
Settembre 1961, quarta gravidanza, ed ecco la scoperta di un fibroma all'utero, con la prospettiva di rinuncia alla maternità per non morire.
Mettendo al primo posto il diritto alla vita, Gianna decide di far nascere Gianna Emanuela.
La mamma morirà il 28 aprile 1962. (Avvenire)

Etimologia: Gianna = accorciativo di Giovanna; Gian- o Giam- nei nomi composti
Martirologio Romano: A Magenta in Lombardia, santa Giovanna Beretta Molla, madre di famiglia, che, portando un figlio in grembo, morì anteponendo amorevolmente la libertà e la salute del nascituro alla propria stessa vita.  
Estremamente limpida, estremamente graziosa. Così appare la dottoressa Gianna Beretta all’ingegnere Pietro Molla nei primi incontri. Si conoscono nel 1954 e si sposano a Magenta il 24 settembre 1955.
Nella famiglia di lei, i Beretta milanesi, i 13 figli erano stati ridotti a otto dall’epidemia di “spagnola” dopo la guerra 1915/18 e da due morti nella prima infanzia.
Dagli otto vengono fuori una pianista, due ingegneri, quattro medici e una farmacista.
Uno degli ingegneri, Giuseppe, si fa poi sacerdote; e due dei medici diventeranno religiosi: Madre Virginia e Padre Alberto, missionari.
Gianna, la penultima degli otto, nata nella casa dei nonni a Magenta, è medico chirurgo nel 1949 e specialista in pediatria nel 1952.
Continua però a curare tutti, specialmente chi è vecchio e solo.
Medico a 360 gradi.
Per lei tutto è dovere, tutto è sacro: "Chi tocca il corpo di un paziente", dice, "tocca il corpo di Cristo".
I coniugi vivono la robusta tradizione religiosa familiare (Messa e preghiera quotidiana, vita eucaristica) inserendola felicemente nella modernità. Gianna ama lo sport (sci) e la musica; dipinge, porta a teatro e ai concerti il marito, grande dirigente industriale sempre occupato.
Vivono a Ponte Nuovo di Magenta, e lei arricchisce di novità gioiose anche la vita della locale Azione cattolica femminile: i “ritiri” sono momenti di forte interiorità, e lei vi aggiunge occasioni continue di festa: è davvero la collaboratrice della loro gioia.
Vive questo incarico come la missione di medico: dopo la sua morte, il marito leggerà gli appunti con cui lei preparava gli incontri, scoprendovi "una connessione indissolubile tra amore e sacrificio".
Nascono i figli: Pierluigi nel 1956, Maria Rita (Mariolina) nel 1957, Laura nel 1959.
Settembre 1961, quarta gravidanza, ed ecco la scoperta di un fibroma all’ utero, ecco l’ospedale, la gravità sempre più evidente del caso, la prospettiva di rinuncia alla maternità per non morire.
E per non lasciare soli tre orfani.
Ma Gianna ha la sua gerarchia di valori, che colloca al primo posto il diritto a nascere.
E così decide: a prezzo della sua vita e del dolore dei suoi, a dispetto di tutto, Gianna Emanuela nasce, e sua madre può ancora tenerla tra le braccia, prima di morire il 28 aprile 1962.
Una morte che è un messaggio luminoso d’amore.
Ma ogni giorno della sua esistenza era stato già vissuto da Gianna nella luce.
Proclamandola beata in Roma il 24 aprile 1994, Giovanni Paolo II ha voluto esaltare, insieme all’eroismo finale, la sua esistenza intera, l’insegnamento di tutta una vita.
Così parla per lei Gianna Emanuela, la figlia nata dal suo sacrificio: "Sento in me la forza e il coraggio di vivere, sento che la vita mi sorride". E vuole rendere onore alla mamma, "dedicando la mia vita alla cura e all’assistenza agli anziani". É stata proclamata santa da Giovanni Paolo II il 16 maggio 2004.

(Autore: Domenico Agasso - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santa Gianna Beretta Molla, pregate per noi.

*Beato Giuseppe (Jozef) Cebula - Sacerdote Oblato e Martire (28 Aprile)

Scheda del Gruppo a cui appartiene:
“Beati 108 Martiri Polacchi”
Malnia, Polonia, 23 marzo 1902 – Mauthausen, Germania, 28 aprile 1941
Il Beato Jozef Cebula, sacerdote della Congregazione dei Missionari Oblati di Maria Immacolata, nacque a Malnia (Opole) il 23 marzo 1902 e morì a Mauthausen, Germania, il 28 aprile 1941. Fu beatificato da Giovanni Paolo II a Varsavia (Polonia) il 13 giugno 1999 con altri 107 martiri polacchi.
Martirologio Romano: Nel campo di prigionia di Mauthausen in Austria, Beato Giuseppe Cebula, sacerdote della Congregazione dei Missionari Oblati della Vergine Immacolata e martire, che, di origine polacca, portato dalla sua patria in carcere in odio alla fede, patì crudeli supplizi fino alla morte.  
Nacque a Malnia, regione meridionale della Polonia il 23 marzo 1902.
Riceve l’Eucaristia per la prima volta all’età di 12 anni, il 14 maggio 1914.
Nel 1916 si iscrive nell’Istituto di Magistero (Königliche Kaholische Präparanden Anstalt) di
Opol. Comincia a rivelarsi la sua vocazione di educatore.
Due anni dipo, nel dicembre del 1918 a causa forse dello sforzo intellettuale (studia in una lingua che non è la sua), cade gravemente infermo e si vede obbligato a interrompere gli studi.
Il medico gli diagnosticò una pleuresia.
Forse era tubercolosi. Ritorna in Polonia dove viene operato con successo
Si incammina verso la vita religiosa e il sacerdozio
Nel settembre del 1920 va in pallegrinaggio al santuario mariano di Piekary, dove ha un colloquio con il P. Pawolek che lo orienta verlo gli Oblati.
Una volta conseguito il cerdificato di maturità, il 14 agosto 1921 comincia il noviziato a Markowice.
Fa la prima professione il 15 agosto, festa dell’Assunzione della Santissima Vergine, l’anno seguente si reca Liegi per proseguire la preparazione al saceerdozio.
La sua permanenza nel Belgio dura solo un anno.
Terminerà gli studi nel suo paese natale e sarà ordinato sacerdote a Markowice il 5 giugno 1927.
Superiore e animatore del seminario minore
A 29 anni è nominato superiore del Giuniorato di Lublino. Durante sei anno animerà quella scuola postolica e lo fa tanto bene che nel 1936 viene proposto come Superiore Provinciale di Polonia. Proposta inquietante, che la sua timidità e umiltà lo spingono a rifiutare.
Maestro dei novizi
Il primo agosto 1937 viene nominato superiore e maestro dei novizi a Markowice e l’anno seguente viene eletto dai suoi fratelli oblati come delegato per partecipare al Capitolo generale, al quale tuttavia non potrà assistere per infermità. Il 1 settembre 1939 l’esercito tedesco invade la Polonia.
Gli scolastici oblati di Obra e Krobia fuggono dai nazisti.
Si rifugiano verso l’est e riparano eventualmente a Markowice, accolti dal P. Cebula.
Proseguono la fuga verso Koden e se ne vanno con loro 25 oblati della comunità del noviziato.
Entrano in scena i nazisti

L’otto settembre 1939 un gruppo di paracadutisti tedeschi è stato decimato dalle truppe polacche nella regione di Markowice.
Viene la polizia di sicurezza e poco dopo la Gestapo che sequestra il convento, pone sotto arresto nella propria casa tutti gli Oblati e li obbliga a prender parte nei lavori forzati nelle fattorie tedesche della regione.
Per aver tentato una fuga, tre padri furono ritenuti in ostaggio.
Tra di loro c’era il P. Cebula.
Il 1 ottobre 1940 si insediano nel convento i coloni tedeschi e il 1 novembre la gioventù hitleriana occupa tutta la casa. Gli Oblati credevano di essere accolti dalle famiglie dei dintorni.
Un mese più tardi viene accordato al P. Cebula, solo a lui, di risiedere nel convento e gli riservano un abitacolo ridotto.

Martire del suo sacerdozio
Da allora, malgrado la proibizione espressa e perentoria, questo apostolo imperturbabile continua a esercitare il ministero sacerdotale nella clandestinità.
Una denuncia lo tradisce e sarà la causa formale per inviarlo, il 18 aprile 1941, nel campo di sterminio di Mauthausen.
Lo indeboliscono fisicamente e soprattutto moralmente, obbligandolo a trasportare pietre pesanti.
I suoi carnefici si burlano di lui, obbligandolo a cantare testi sacri della Messa. Un giorno li fronteggia e dice loro che Dio chiederà loro conto di questi scherni.
Furibondi gli dicono di correre (era la strategia seguita per sparare ai prigionieri alle spalle e giusfificarsi inventando una fuga) e lo crivellano con raffiche di mitraglia.
Cade bocconi in un lago di sangue.
Ma, secondo alcuni testimoni oculari, il P. Cebula era ancora vivo quando lo misero nel forno crematorio. Così culmina la testimonianza di fede di questo martire del sacerdozio.

Processo di beatificazione
Si apre il 26 gennaio 1992 e si conclude il 13 giugno 1999 con la sua beatificazione insieme ad altri 107 martiri della fede, in una solenne cerimonia presieduta a Varsavia da Giovanni Paolo II.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Giuseppe Cebula, pregate per noi.

*Beato Guido Spada - Francescano (28 Aprile)
+ Bologna, 28 aprile 1340
Guido Spada o Spatis nacque a San Germano Vercellese. Dotato di buon ingegno e di un carattere affabile entrò nell'Ordine francescano, in cui rifulse la sua umiltà, penitenza e saggezza nei consigli.
Amava predicare specialmente la Passione di Gesù Cristo che lo arricchì di numerosi doni straordinari.
Morì il 28 aprile del 1340 a Bologna.
Le sue reliquie venerate nella cappella Lambertini furono traslate all'altare del Sacro Cordone.
A San Germano è ricordato nel mosaico della facciata della parrocchiale, assieme a quella di due Santi locali: San Germano e il Beato Antonio della Chiesa.

(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Guido Spada, pregate per noi.

*Beati Lucchese e Buonadonna - Sposi, Terziari Francescani (28 Aprile)

Toscana, 1181 – Poggibonsi, 28 aprile 1260
Lucchese nacque presso Poggibonsi (SI) lo stesso anno di San Francesco d’Assisi (1181). In gioventù combattè per il partito dei Guelfi; ma poi, abbandonata la vita militare, si sposò con Bona Segni e si mise a commerciare in granaglie e fare il cambiavalute approfittando dei pellegrini che si recavano a Roma lungo la via Francigena.
Nell’ ottobre1212 Lucchese ebbe modo di ascoltare una predica di S. Francesco a S. Gimignano e da lì iniziò la sua conversione: risarcì tutti coloro che aveva impoveriti con i suoi traffici, fece penitenza, si mise al servizio dei frati , donò tutti i suoi beni e insieme alla moglie trasformò la sua casa in ospedale.
Quando San Francesco tornò in Valdelsa, nel 1221, donò a questa coppia di sposi l’abito della Penitenza, facendone i primi Terziari francescani.

Martirologio Romano: Presso Poggibonsi in Toscana, Beato Lucchese, che, dapprima avido di lucro e poi convertito vestì l’abito del Terz’Ordine dei Penitenti di San Francesco, vendette i suoi beni e li distribuì ai poveri, servendo in povertà e umiltà Dio e il prossimo secondo lo spirito del Vangelo.  
Contemporaneo di S Francesco d’Assisi, Lucchese verso i 30 anni si liberò di tutte le ricchezze accumulate come mercante e scelse di fare la carità. All’inizio la moglie dubitò della sua salute mentale. Una volta stava rimproverando il marito perché, per la sua mania di regalare pane a tutti, la madia era rimasta vuota. Ma aprendola di nuovo la trovò piena di pane fresco.
Dopo questo miracolo anch’essa decise di seguire il marito. Perduti i due figli in tenera età, gli sposi si dedicarono a Dio e al prossimo. S.Francesco stava percorrendo le campagne italiane e molti laici gli chiedevano di seguirlo. Anche Lucchese avrebbe voluto farsi frate e Bona unirsi a S. Chiara nel convento di San Damiano, ma Francesco, incontratili, disse: “Siete sposati e dovrete continuare a vivere insieme. Ma vi darò una regola di vita perché possiate diventare perfetti.”
Li vestì lui stesso della tunica color cenere e li cinse col cordone a più nodi, dicendo: “ Voi vivrete nel mondo come Frati Penitenti, ma non apparterrete al mondo: farete opere pie, digiunerete, predicherete la pace” La prima Regola dell’Ordine Francescano Secolare fu approvata nel 1223 da Papa Onorio III. S. Francesco aveva insediato alcuni frati del primo Ordine nell’eremo di S. Maria a Camaldo e il Comune gli cedette quel luogo. Dopo la morte del Santo essa fu ampliata su disegno di frate Elia e intitolata appunto a S. Francesco.
Qui veniva a pregare Lucchese con la moglie e molte volte nella contemplazione il suo corpo restava sospeso in aria. Venduta nel 1227 anche la casa dotale della moglie e consegnato il
denaro del ricavo all’ospedale di S. Giovanni, i due sposi ora avevano solo un misero alloggio vicino ad un campicello che Lucchese coltivava con le proprie mani, destinando i prodotti al nutrimento dei poveri. Una volta un prete che passava di lì gli chiese delle cipolle e Lucchese gliene diede così tante che gliene rimasero pochissime.
Siccome il prete glielo fece osservare, Lucchese gli chiese di benedire ciò che era rimasto e l’indomani il misero mucchietto si era moltiplicato. Spesso Lucchese andava a raccogliere gli ammalati e li portava dove potevano essere curati. Una volta stava trasportando sulle proprie spalle un infermo, quando un giovane lo derise. Lucchese disse: “ Porto su di me Cristo sofferente “ Per punizione divina il giovane divenne muto, ma Lucchese si mise a pregare per lui e la parola gli fu restituita. Quando Lucchese stava recandosi in Maremma con un asino carico di provviste per i malati di malaria, alcuni giovinastri, avendolo visto da lontano, pensarono di derubarlo. Egli, giungendo davanti a loro, rivelò di conoscere il loro progetto, ma disse che ciò che trasportava era dei poveri e il Signore non permetteva che altri se ne appropriassero. Il 28 aprile 1260 Lucchese e Buonadonna, uniti dall’amore in terra, furono chiamati nello stesso giorno a far parte della Chiesa celeste. La moglie, inchiodata a letto dalla febbre, pregò il marito ottantenne, che già stava poco bene, di far venire il loro confessore frate ldebrando e si spensero entrambi a poche ore di distanza. Al funerale avvenne un miracolo perché, nonostante il violento acquazzone, la pioggia non bagnò né le bare, né la gente.
Mentre i corpi dei due santi sposi erano esposti in chiesa ricoperti di fiori, uno della folla, chinandosi per baciare i piedi di Lucchese, di nascosto con un temperino gli recise un dito e subito dal cadavere zampillò sangue vermiglio. Il fratello di padre Ildebrando, di nome Tebaldo, era tormentato da un tumore allo stomaco, ma toccando le mani congiunte di Lucchese fu guarito. C’era un uomo poverissimo, carico di figli, che Lucchese in vita aveva protetto e ora era stato imprigionato: egli pregò il santo che aiutasse i suoi figli e subito sentì cadersi le catene ai piedi e si trovò fuori dal carcere senza che nessuno gli avesse aperta la porta.
Percorse in poche ore una cinquantina di chilometri e arrivò miracolosamente a casa prima che la moglie e i figli si svegliassero. Alcune mamme per intercessione di Lucchese videro tornare in vita i loro figli, un cieco che venne ad inginocchiarsi sulla sua tomba recuperò la vista e una donna ebbe insieme alla luce degli occhi anche quella dell’anima: riconobbe i suoi peccati e si convertì. Cadde un bambino in fondo ad un pozzo e i presenti atterriti invocarono Lucchese: subito dopo videro il piccino seduto sull’acqua sostenuto dalle mani invisibili del santo. Un ragazzo che si era storto un piede, passando sulla tomba di Lucchese nella chiesa dei frati, sentì come una morsa serragli il piede e la distorsione scomparve.
A Recanati era stata fatta una legge per cui chi si rendeva colpevole di omicidio doveva essere legato alla sua vittima e sepolto insieme. Ma due fratelli uscirono vivi da sotto terra, per intercessione di Lucchese da Poggibonsi. Nel 1319 fra Bartolomeo de’ Tolomei, di ritorno dal Capitolo di Marsiglia, si trovò in un vascello che stava per naufragare, ma raccomandandosi a Lucchese immediatamente la furia dei venti e del mare cessò.
Nel periodo dell’accaparramento delle reliquie, sembra che i tedeschi si portassero via il corpo di Buonadonna, ma i frati fecero in tempo a staccarle un braccio e la mano sinistra. Per paura separarono la testa dal corpo di Lucchese e la conservarono in una teca.
Nel 1274 Papa Gregorio X, nel recarsi al Concilio di Lione, si fermò a Poggibonsi e fece la prova del fuoco gettando la testa di Lucchese nelle fiamme di un gran braciere acceso. Ma la testa saltò fuori dal braciere e andò a posarsi sulle ginocchia del papa. Dopo questo prodigio il culto di Lucchese fu autorizzato.
Nel 1581, durante i lavori di riparazione del pavimento del coro, furono ritrovate le ossa di Lucchese, il corpo fu ricomposto e deposto in un’urna sopra l’altare. Ogni anno il 28 aprile a Poggibonsi si fa una festa religiosa e popolare, la città viene benedetta dall’alto col corpo del santo patrono e la reliquia della moglie durante una processione.

(Autore: Gabriella Cast. – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beati Lucchese e Buonadonna, pregate per noi.

*San Luigi Maria (Grignion) da Montfort - Sacerdote (28 Aprile)

Montfor, Rennes, Francia, 1673 - St. Laurent-sur-Sèvre, 28 aprile 1716
Luigi Maria percorse le regioni occidentali della Francia predicando il mistero della Sapienza eterna, Cristo incarnato e crocifisso, e insegnando ad andare a Gesù per mezzo di Maria.
Associò sacerdoti e fratelli alla propria attività apostolica, e scrisse le regole dei Missionari della Compagnia di Maria. Fu proclamato santo da Pio XII il 20 luglio 1947.
Tra i suoi scritti si ricordano il "Trattato della vera devozione alla Santa Vergine" e "L'amore dell'eterna Sapienza". (Mess. Rom.)

Etimologia: Luigi = derivato da Clodoveo
Martirologio Romano: San Luigi Maria Grignion de Montfort, sacerdote, che percorse le terre della Francia occidentale proclamando il mistero della Sapienza Eterna; fondò Congregazioni, predicò e scrisse sulla croce di Cristo e sulla vera devozione a Maria Vergine e ricondusse molti a una vita di penitenza; nel villaggio di Saint-Laurent-sur-Sèvre in Francia pose, infine, termine al suo pellegrinaggio terreno.
Lungo il nome: Luigi Maria Grignion de Montfort. E breve la vita: 43 anni.
Questo bretone di buona famiglia e di buoni studi diventa sacerdote nel 1700 (l’anno del Giubileo alluvionato, con la basilica di San Pietro impraticabile).
Vorrebbe andare missionario in Canada, ma lo mandano a Poitiers.
Con la sua preparazione dottrinale e col parlare attraente, si fa presto una fama: parla molto bene, ma meglio ancora agisce, assistendo le vittime di malattie ripugnanti.
Però l’idea della missione non lo abbandona, sicché, lasciando perdere i superiori, va a sentire il Papa.
Questo significa un viaggio Poitiers-Roma e ritorno, sempre a piedi, con una sosta a Loreto.
Ma Clemente XI gli dice che l’urgenza del momento è predicare ai francesi, scossi dall’aspra battaglia dottrinale ingaggiata dai giansenisti contro Roma.
Lui riprende allora a parlare in città e nelle campagne; quando è necessario affronta i dotti giansenisti con discorsi ugualmente dotti.
Ma dà poi la sua misura vera nel tradurre la dottrina in linguaggio quotidiano e campagnolo, nell’accostarla alla sensibilità popolare, colpita dalla coerenza intrepida dell’esempio, quando lo si vede intento a pulire e medicare i malati, fraternamente.
Le opere accompagnano la sua parola, e questa diffonde una religiosità della fiducia, spingendo a confidare in Gesù come amico, prima di temerlo come giudice. E a Gesù egli associa Maria, appassionatamente. Ma anche lucidamente.
Ossia con distacco rigoroso da certa devozione mariana soggetta talora a eccessi inaccettabili (alimentati anche da scritti cosiddetti mariani, e di fatto ricolmi di "cattiva dottrina in cattiva posa", come dirà nel XX secolo il mariologo René Laurentin).
Per lui, la Madre di Gesù è una creatura che può ammaestrare i cristiani di ogni tempo
semplicemente con le poche parole che ha detto agli amici di Gesù, alla festa nuziale di Cana: "Fate quello che vi dirà".
Questo insegnano di fatto i suoi scritti e la sua predicazione, col calore e con le immagini del tempo, e sempre con l’accompagnamento di forti esortazioni alla pratica del Rosario.
Questo si legge sul suo Trattato della vera devozione alla Santa Vergine, che resterà inedito per 130 anni; pubblicato nel 1842, diventerà uno dei testi fondamentali della pietà mariana.
(Nel XX secolo sarà la lettura quotidiana del cardinale Stefan Wyszynski, primate di Polonia, prigioniero del regime comunista polacco).
Nel 1712-13 padre Grignion fonda una comunità maschile di missionari per l’evangelizzazione: la Compagnia di Maria.
Questi religiosi, chiamati poi abitualmente Monfortani, estenderanno via via la loro attività in Europa, America e Africa. Ma lui vedrà solo gli inizi, morendo pochi anni dopo la fondazione.
Nel 1947, Pio XII lo proclamerà Santo.

(Autore: Domenico Agasso – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Luigi Maria da Montfort, pregate per noi.

*Beata Maria Luisa di Gesù Trichet - Cofondatrice (28 Aprile)
Poitiers, Francia, 7 maggio 1684 – Saint-Laurent-sur-Sèvre, Vandea, 28 aprile 1759
La Beata francese Maria Luisa di Gesù Trichet, suora professa cofondatrice della Congregazione delle Figlie della Sapienza, fu primo membro dell'ordine e poi superiora generale. Giovanni Paolo II la beatificò il 16 maggio 1993.
Martirologio Romano: Nel villaggio di Saint-Laurent-sur-Sèvre in Francia, Beata Maria Luisa di Gesù Trichet, Vergine, che vestì come prima associata l’abito della Congregazione delle Figlie della Sapienza, che governò con saggezza.
Se il Santo fondatore delle “Figlie della Sapienza”, Luigi Maria Grignion di Montfort, fu l’artefice della costituzione della Congregazione, in cui profuse il suo carisma, la beata Maria Ludovica di Gesù Trichet, ne fu la reale organizzatrice e autentica cofondatrice, perché resse da sola per 43 anni, la responsabilità e la diffusione della benemerita Istituzione religiosa.
Maria Luisa Trichet, nacque a Poitiers in Francia, il 7 maggio 1684, quarta degli otto figli di Giuliano Trichet procuratore e Francesca Lecoq, genitori di grande fede, rettitudine e bontà.
In famiglia ricevette una solida educazione cristiana e culturale; a sette anni fu mandata dai genitori come alunna esterna, alla scuola retta dalle Figlie di Notre Dame a Poitiers, dove rimase fino ai 13 anni, ricevendo l’istruzione primaria per le ragazze di quel tempo; dalle suore acquisì una profonda devozione alla Madonna e una sensibilità caritativa.
A 17 anni, Maria Luisa Trichet incontrò il futuro santo, padre Luigi Maria Grignion di Montfort (1673-1716), fondatore nel 1705 dei Sacerdoti Missionari della Compagnia di Maria, che allora era cappellano dell’Ospedale Generale di Poitiers.
Fu un incontro di particolare grazia spirituale per Maria Luisa e che sarà determinante per il futuro della sua vita; padre Grignion divenne il suo confessore e visto la naturale disposizione della giovane a consacrarsi a Dio, le propose nel frattempo, di entrare immediatamente al servizio dell’ospedale.
Superando le difficoltà frapposte dai genitori, Maria Luisa riuscì a farsi ammettere come aiutante della superiora delle suore; nel 1702, sempre più desiderosa di farsi religiosa, fece una breve esperienza fra le Canonichesse di Sant’Agostino a Chatellerault, uscendone però per motivi di salute.
Ritornata a Poitiers, riprese ad essere guidata da padre Luigi Grignion di Montfort, il quale aveva in animo di fondare una Congregazione religiosa femminile, e ispirato, vedeva in Maria Luisa la persona basilare della nuova comunità.
Ma i tempi non sembravano ancora maturi, per cui non ne parlava alla giovane, rassicurandola soltanto che sarebbe stata una religiosa.
Ma col trascorrere del tempo, Maria Luisa avvertiva insistentemente il desiderio di entrare in convento e ripetutamente lo chiedeva al confessore. Padre Luigi Maria, acconsentendo alla fine, quasi per scherzo le disse: “Vieni a vivere in Ospedale”; era una proposta sconcertante, difficile e inconcepibile a quel tempo, specie per lei, figlia della ricca borghesia.
Maria Luisa non si fece troppi scrupoli e decise di aderire a quell’invito, solo che le difficoltà sorsero dall’amministrazione dell’ospedale, che non poteva assumere altre governanti; allora lei con gesto coraggioso, si rivolse al vescovo per una lettera di presentazione, utile per entrare nell’ospedale in “qualità di povera”, e per servire i poveri.
Con questo stratagemma, nel gennaio 1703 entrò all’Ospedale di Poitiers, accolta dal cappellano Montfort, che la introdusse nel cenacolo “Sapienza”, un’associazione da lui creata, che comprendeva una dozzina di povere ricoverate molto virtuose, che vivevano la spiritualità della Sapienza, tema trattato con amore dal Montfort.
E lì, in quell’ambiente di miseria e di difficoltà per lei, Maria Luisa Trichet, si preparò, guidata dal cappellano, nella preghiera e al servizio della carità, alla missione di cofondatrice preparata per lei.
Il 2 febbraio 1703, ricevette come prima suora, l’abito della nuova Istituzione, le “Figlie della Sapienza”, l’abito era di grossolana stoffa grigia, con l’aggiunta di due importanti elementi, il crocifisso sul petto e la corona di grossi grani al fianco, per non dimenticare mai Gesù e Maria.
Modificò altresì il suo nome in Maria Ludovica di Gesù; quell’abito della nascente Congregazione, lo portò da sola per 10 anni, senza una compagna; furono anni di duro lavoro, di costante adesione alla volontà di Dio, spesso non chiara, vissuta però sempre con viva fede, superando difficoltà ed ostacoli enormi.
Furono dieci anni di solitudine, di attesa e d’incertezza, dove lavorava con zelo e gesti di carità, ostacolata dalle gelose governanti e dal 1705, privata anche dell’aiuto del Fondatore, che dovette lasciare l’Ospedale a causa di intrighi. Maria Ludovica di Gesù, ebbe la consolazione di una compagna solo nel 1714, con la venuta di Caterina Brunet (Suora della Concezione).
Un anno dopo, nel 1715, dietro insistenza del Montfort, Maria Ludovica lasciò per sempre Poitiers e si trasferì con la consorella Caterina Brunet, a La Rochelle, per fondare una scuola per ragazze;
e a La Rochelle, sorse la prima comunità delle Figlie della Sapienza, con l’aggiunta di due nuove aderenti Maria Regnier (Suora della Croce) e Maria Valleau (Suora dell’Incarnazione).
Nel frattempo il fondatore, dopo aver consultato suor Maria Ludovica, compose la Regola della Congregazione, fatta approvare dal vescovo diocesano, il 10 agosto 1715.
Ma l’ancor giovane Fondatore Grignion di Montfort, ad appena 43 anni, morì il 28 aprile 1716, lasciando madre Maria Ludovica sola responsabile della nascente Congregazione e del suo sviluppo.
Nel 1719, la superiora lasciò La Rochelle, cercando di fondare una Casa madre nella sua città natale di Poitiers, ma il tentativo fallì, allora si trasferì a Saint-Laurent-sur-Sèvre in Vandea, sempre con l’intento di fondare la Casa Madre e il Noviziato.
Non mancarono difficoltà da affrontare, ma con coraggio le superò tutte e nel giugno 1720, riuscì finalmente a formare una piccola comunità, nella cosiddetta “Maison longue”, riuscendo man mano a trasformare la fragile comunità iniziale, in una fiorente congregazione.
Infatti due anni dopo, il 16 dicembre 1722, furono ammesse a professare i voti quattro novizie, nel contempo venivano aperte altre Case.
Nei 23 anni, dal 1725 al 1748, la cofondatrice si impegnò in prima persona, in tutta una serie di fondazioni di Case, con lo scopo primario di servizio ai più poveri; che ricordava con l’esempio alle sue suore, che l’imitavano a loro volta nello zelo.
Non si può non ricordare la casa di Niort, fondata nel 1729, dove compì atti di eroismo e di carità, tali da essere denominata spontaneamente dai derelitti, “Madre-Gesù”; anche le sue suore si prodigarono per quei poverissimi, sino a dare la vita stessa; parecchie di loro morirono di stenti, tanto che fu detto: “Niort, tomba delle Figlie della Sapienza”.
Madre Maria Ludovica di Gesù, governò da sola la Congregazione per 43 anni, fondò una trentina di Case, che si svilupparono e moltiplicarono dopo la sua morte; piccole comunità di suore, per l’educazione dei bambini poveri, visite e cura degli ammalati, mensa per i mendicanti, assistenza ai poveri reclusi.
Assisterono e curarono nell’Isola di Oléron, soldati e marinai ammalati,; per queste impegnative esperienze, le Figlie della Sapienza ebbero affidato il governo di grandi ospedali marittimi della Francia, seguendo il motto della fondatrice “Bisogna che ami Dio nascosto nel tuo prossimo!”.
Non mancarono a lei, le sofferenze delle incomprensioni, anche fra le stesse sue figlie spirituali; affrontò la prova con un vero amore della Croce.
La sua instancabile quarantennale opera, fu sempre appoggiata dai successori di Grignion di Montfort, i superiori dei Missionari della Compagnia di Maria (Monfortani), a cui è affidata la direzione spirituale delle suore.
Incredibilmente, Madre Maria Ludovica di Gesù Trichet, morì nello stesso luogo, mese, giorno ed ora, della scomparsa del Fondatore, il 28 aprile 1759, a Saint-Laurent-sur Sèvre, a 75 anni, dei quali circa 60 trascorsi al servizio di Dio e per i fratelli sofferenti.
E nella chiesa parrocchiale di Saint Laurent, fu sepolta accanto alla tomba del fondatore e da subito si diffuse la fama della sua santità.
Negli anni della Rivoluzione Francese, l’orda rivoluzionaria travolse una cinquantina di Figlie della Sapienza; il numero delle suore si assottigliò, riprendendosi solamente nell’Ottocento, quando le attività rifiorirono e l’assistenza riprese sempre più vasta, scrivendo delle belle pagine nella storia religiosa della Francia.
La Congregazione delle “Figlie della Sapienza”, fu approvata nel 1853 da papa Pio IX e confermata da Pio X nel 1904. Nel 1964, la Congregazione raggiunse i 5000 membri, con un’attività estesa nei 5 continenti, in una trentina di Paesi; negli anni successivi il calo di numero delle suore europee, è stato rimpiazzato con fresche leve venute dal Terzo Mondo.
Madre Maria Ludovica di Gesù Trichet, è stata proclamata Beata da papa Giovanni Paolo II, il 16 maggio 1993 a Roma; la sua festa liturgica è il 28 aprile.

(Autore: Antonio Borrelli - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beata Maria Ludovica di Gesù Trichet, pregate per noi.

*Santi Massimo, Dada e Quintiliano - Martiri (28 Aprile)
III secolo
Martirologio Romano:
A Silistra, in Mesia, nell’odierna Bulgaria, Santi Massimo, Dada e Quintiliano, martiri durante la persecuzione dell’imperatore Diocleziano.
La “passio” greca pone il martirio dei Santi Massimo, Quintiliano e Dada nel secondo anno dell’imperio di Massimiano e Diocleziano (286) presso l’intica Durostorum in Mesia, sulla sponda settentronale del Danubio, odierna Silistra in Romania.
Massimo era lettore, mentre Quintiliano e Dada erano i suoi discepoli prediletti. Furono
denunciati in quanto cristiani ed arrestati nel loro possedimento, forse in realtà di proprietà del solo Massimo, presso Ozobia e condotti a Durostoro.
Furono incarcerati e solo il giorno seguente, alla presenza dei due proconsoli Tarquinio e Gabinio, nonché del notaio Magniliano, ebbe luogo l’interrogatorio che vide però i tre Santi irremovibili nella loro fedeltà alla fede cristiana anche dinnazi ad esplicite minacce. Ricondotti in carcere, solo con la terza udienza del loro processo si giunse alla condanna capitale, che venne eseguita presso Ozobia il 28 aprile.
Proprio in tale anniversario i tre martiri vennero presto commemorati dai sinassari bizantini, benché i menei ne anticipino la memoria al 13 aprile.
Le loro reliquie, andate perdute, furono miracolosamente rinvenute grazie all’intervento di un angelo e traslate a Costantinopoli nella chiesa della Theotokos. Sempre in Oriente si commemora anche questo doppio evento, cioè invenzione e traslazione delle reliquie, al 2 agosto.
In Occidente solo in tempi relativamente recenti, ad opera del Card. Baronio, i nomi dei tre Santi comparvero nel Martyrologium Romanum.

(Autore: Fabio Arduino - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santi Massimo, Dada e Quintiliano, pregate per noi.

*San Panfilo di Sulmona - Vescovo (28 Aprile)

Martirologio Romano: A Sulmona in Abruzzo, deposizione di San Panfilo, vescovo di Corfinio.
Chi si reca a Sulmona non può fare a meno di visitare la cattedrale di San Panfilo, dedicata al patrono.
Questi era nato nell'VIII secolo nei dintorni della località abruzzese ed era figlio di un pagano che lo ripudiò quando lui si convertì al cristianesimo.
Si narra che per questo lo sottopose a una prova: scendere da un carro su un dirupo.
Ci riuscì e fu acclamato alla guida della diocesi.
Morì a Corfinio, di cui fu probabilmente anche vescovo.
Quattro chierici ne ritrovarono il corpo. Ma, mentre lo riportavano a Sulmona, esso divenne pesante come pietra.
Allora si fermarono assetati presso la contrada Ficoroni, e apparve miracolosamente una fontana.
La cattedrale venne eretta sempre nell'VIII secolo sulle rovine di un tempio pagano.
Fu poi radicalmente rifatta nel 1075 dal vescovo Trasmondo e finita nel 1119 dal successore Gualtiero.
Nei secoli ha subito molti danni.
La parte più antica è la cripta. (Avvenire)

(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Panfilo di Sulmona, pregate per noi.

*Santi Paolo Pham Khac Khoan, Giovanni Battista Dinh Van Than e Pietro Nguyen Van Hieu - Martiri (28 Aprile)
Scheda del Gruppo a cui appartengono:
“Santi Andrea Dung Lac e Pietro Truong Van Thi” - Sacerdoti e martiri - 21 Dicembre
Ulteriore Scheda del Gruppo cui appartengono:
“Santi Martiri Vietnamiti” (Andrea Dung Lac e 116 compagni)

+ Ninh-Bìhn, Vietnam, 28 aprile 1840
Martirologio Romano: Nella città di Ninh-Bình nel Tonchino, ora Viet Nam, Santi martiri Paolo Ph?m Khàc Khoan, sacerdote, Giovanni Battista Ðinh Van Thàn e Pietro Nguy?n Van Hi?u, catechisti, che, gettati per tre anni in prigione e torturati perché rinnegassero la fede cristiana, trovarono infine il martirio con la decapitazione sotto l’imperatore Minh M?ng.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santi Paolo Pham Khac Khoan, Giovanni Battista Dinh Van Than e Pietro Nguyen Van Hieu, pregate per noi.

*San Pietro Chanel - Sacerdote e Martire (28 Aprile)

Il 28 di aprile la Chiesa presenta la memoria liturgica di due Santi: San Pietro Chanel, Sacerdote e martire - Memoria Facoltativa Cuet, Francia, 12 luglio 1803 - Isole Figi, 28 aprile 1841
San Luigi Maria (Grignion) Da Montfort, Sacerdote - Memoria Facoltativa
Montfor, Rennes, Francia, 1673 - St. Laurent-sur-Sèvre, 28 aprile 1716 San Pietro Chanel - Sacerdote e martire (28 aprile - Memoria Facoltativa)
È il primo martire dell’Oceania. Fu infatti ucciso il 28 aprile 1841 sull’isola di Futuna, una delle Fiji. Francese, era nato a Cuet il 12 luglio 1803 in una famiglia di contadini, a 21 anni entrò in Seminario a Bourg, venendo ordinato sacerdote il 15 luglio 1827.
Fu vicario ad Amberieu e a Gex e per quattro anni parroco a Crozet. Sin dal Seminario tuttavia sentì il richiamo della missione, alimentato dalla frequentazione di una comunità di padri Maristi.
Fu così che ebbe il compito di guidare il primo gruppo di missionari in Oceania.
Il 12 novembre 1837 la spedizione giunse a Futuna, isola divisa in due da una montagna e da due tribù in guerra tra loro.
Ben presto il Vangelo fece presa soprattutto tra i giovani incontrando l’ostilità degli anziani. Il Battesimo del figlio del capotribù che aveva accolto il missionario segnò la condanna a morte di Pietro che fu ucciso per incarico del capotribù Niuliki. Pietro Chanel, beatificato il 17 novembre 1889, fu iscritto nell’albo dei santi il 12 giugno 1954 e dichiarato patrono dell’Oceania. (Avvenire)

Patronato: Patrono dell'Oceania
Etimologia: Pietro = pietra, sasso squadrato, dal latino
Emblema: Palma
Martirologio Romano: San Pietro Chanel, sacerdote della Società di Maria e martire, che nel suo ministero si adoperò nella cura della gente di campagna e nell’istruzione dei bambini; mandato poi insieme ad alcuni compagni ad annunciare il Vangelo nell’Oceania occidentale, approdò all’isola di Futúna, dove la comunità cristiana era ancora del tutto assente.
Pur ostacolato da molte difficoltà, mantenendo un contegno di singolare mansuetudine riuscì a convertire alcuni alla fede, tra i quali il figlio del re, che furibondo ne ordinò l’uccisione, facendo di lui il primo martire dell’Oceania.
Futuna è una piccola "espressione geografica", una minuscola isola indicata negli atlanti con un puntino tra l'equatore e il tropico del Capricorno nell'immenso Oceano Pacifico, un frammento
delle Isole Figi. Oggi nel possedimento francese, meta di turisti amanti dell'esotico, la popolazione interamente cattolica vive una vita pacifica.
Ma centoquarant'anni fa, e precisamente il 12 novembre 1837, quando vi sbarcò fortunosamente il missionario marista Pietro Chanel, in compagnia di un confratello laico, l'isoletta divisa in due da una montagna centrale e da due tribù perennemente in guerra non era affatto un approdo turistico.
Solo il coraggio e la carità di un uomo di Dio potevano scegliere quella meta con tutti i rischi che comportava.
Qui infatti Pietro Chanel avrebbe concluso la sua avventura di evangelizzatore, abbattuto a colpi di randello e di ascia il 28 aprile 1841 dal genero del capo tribù, Musumusu, irato perché tra i convertiti al cristianesimo figuravano già alcuni componenti della sua stessa famiglia.
Pietro Chanel era nato in Francia a Cuet il 12 luglio 1803.
A dodici anni, seguendo l'invito di uno zelante parroco, Trompier, iniziò gli studi seminaristici, che gli consentirono di entrare nel 1824 nel seminario maggiore di Bourg, dove ricevette tre anni dopo l'ordinazione sacerdotale.
Avrebbe voluto recarsi subito in terra di missione, ma il suo vescovo aveva estremo bisogno di sacerdoti. Fu vicario ad Amberieu e a Gex, legandosi a un gruppo di sacerdoti diocesani, i maristi, che traducevano nello stesso ambito parrocchiale l'ideale missionario, sotto la guida di P. Colin.
La Società di Maria, approvata dal papa nel 1836, ebbe tra i primi membri P.Chanel, che nello stesso anno si imbarcò da Le Havre alla volta di Valparaiso, con destinazione Oceania.
Quando la nave toccò Futuna, Pietro Chanel ebbe l'invito di scendere a terra e restarci, in compagnia del fratello laico Nicezio, ventenne.
Fu una lenta e paziente penetrazione nel piccolo mondo di quella gente così diversa per abitudini di vita e mentalità.
L'annuncio del Vangelo cominciò tuttavia a far presa nelle giovani generazioni.
Ma questo successo segnò al tempo stesso il riacutizzarsi dell'ostilità delle vecchie generazioni.
Il tributo di sangue di San Pietro Chanel fu il prezzo per aprire finalmente le porte all'evangelizzazione dell'intera isola.
Il nuovo martire cristiano, beatificato il 17 novembre 1889, fu iscritto nell'albo dei Santi il 12 giugno 1954 e dichiarato patrono dell'Oceania.

(Autore: Piero Bargellini – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Pietro Chanel, pregate per noi.

*Santi Pietro Chanel e Luigi Maria (Grignion) da Montfort (28 aprile) - Memoria Facoltativa  
Il 28 di aprile la Chiesa ricorda la memoria di due Santi: San Pietro Chanel, sacerdote e martire, e San Luigi Maria Grignion de Montfort, sacerdote.
Il 28 di aprile la Chiesa presenta la memoria liturgica di due Santi:
San Pietro Chanel, Sacerdote e martire - Memoria Facoltativa
Cuet, Francia, 12 luglio 1803 - Isole Figi, 28 aprile 1841
San Luigi Maria (Grignion) Da Montfort, Sacerdote - Memoria Facoltativa
Montfor, Rennes, Francia, 1673 - St. Laurent-sur-Sèvre, 28 aprile 1716

(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santi Pietro Chanel e Luigi Maria (Grignion) da Montfort, pregate per noi.

*San Pietro da Bearn - Mercedario, Martire (28 Aprile)
XIV secolo
Inviato a Tunisi in Africa, nel 1364, il mercedario San Pietro da Béarn, consolava i poveri cristiani che trovava schiavi, con la sua particolare devozione che aveva verso la Madonna.
Ardeva in lui il desiderio di donare la sua vita per Gesù Cristo e senza alcuna preoccupazione riprendeva severamente gli infedeli che erano contro la religione cattolica.
Un giorno, incontrato un mussulmano che aveva commesso uno scandalo pubblico, lo rimproverò fortemente tanto che la folla si ammassò intorno a lui ed egli con grande zelo incominciò ad evangelizzarli; le sue parole furono così convincenti che molti si convertirono.
L’avvenuto non tardò a divulgarsi per cui i mussulmani indignati lo presero e consegnarono a dei ragazzi che legatolo lo trascinarono per le vie della città ed infine, martoriato e bagnato di sangue, lo gettarono in un fuoco e, mentre le fiamme lo divoravano, egli pronunciava parole di perdono. L’Ordine lo festeggia il 28 aprile.

(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Pietro da Bearn, pregate per noi.

*San Primiano - Martire di Larino (28 Aprile)

Larino, 303 ?
Le notizie su questo Santo martire Primiano e dei suoi tre compagni di commemorazione, Alessandro, Firmiano e Tellurio, riguardano solo le loro reliquie e narrate in due libri di qualche secolo fa: “Acta SS. Aprilis” III, Venezia 1738 pag. 575 e “Acta SS. Mai” V, Venezia 1741 pag. 836-39.
Tutto inizia nel periodo in cui i bizantini distrussero la città di Lucera, oggi in provincia di Foggia, sotto il comando dell’imperatore Costante II (641-668), il vescovo e gli abitanti si trasferirono in una località vicino al mare sul Gargano, e lì fondarono Lesina (Foggia).
Nel secolo IX i Saraceni in una delle loro ricorrenti, devastanti e sanguinose escursioni sui lidi dell’Italia specie Meridionale, arrivarono a distruggere anche l’antica città di Larino (provincia di Campobasso in Molise).
Di questo rovinoso evento profittarono gli abitanti di Lesina, i quali saputo dell’abbandono delle
chiese di Larino e con l’intenzione di fornire le loro chiese di sacre reliquie, specie di martiri, asportarono da questa città quasi distrutta i corpi dei Santi Primiano e Firmiano, che la tradizione vuole che siano due martiri di Larino, vittime della persecuzione di Diocleziano del 303, forse fratelli, anzi si crede che ci sia anche un terzo fratello di nome Casto pure martire, ma questo non è documentato.
Ritornando all’appropriazione delle reliquie, ciò non era una novità in quell’epoca, dove tali “sacre rapine”, fatte per instaurare un culto, erano all’ordine del giorno.
A questo punto bisogna saltare al 28 aprile 1598, quando le reliquie dei su citati quattro Santi Primiano, Firmiano, Alessandro e Tellurio, furono portate solennemente a Napoli e deposte poi nella grande chiesa dell’Annunziata.
L’antefatto fu che essendo in rovina la cattedrale di Lesina, la Casa Reale Spagnola di Napoli incaricò il sacerdote Aurelio Marra per i dovuti restauri, che all’esame risultarono inutili, vista la decadenza dell’edificio, allora il sacerdote preferì ricercare nella cripta le reliquie di santi eventualmente lì conservate.
E così in varie riprese trovò i corpi su citati, sepolti sotto l’altare della cripta, in urne di marmo contenenti lamine di piombo con i rispettivi nomi, del solo Primiano vi era un’immagine che lo raffigurava con una palma in mano, emblema dei martiri, degli altri non vi erano indicazioni e a San Primiano era dedicata la cattedrale di Lesina; tutto ciò fu relazionato dallo stesso Aurelio Marra.
Le reliquie di San Primiano e di San Firmiano, con i due busti che li raffigurano, sono stati poi riportate a Lesina, a cura dell’attuale parroco nell’anno 2000 e sistemate alla venerazione dei fedeli nella parrocchia dell’Annunziata, sorta sui resti dell’antica ed omonima cattedrale di Lesina.

(Autore: Antonio Borrelli – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Primiano, pregate per noi.

*San Prudenzio di Tarazona - Vescovo (28 Aprile)

Martirologio Romano:
A Tarazona nella Spagna settentrionale, San Prudenzio, vescovo.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria -
San Prudenzio di Tarazona, pregate per noi.
 

*Sant'Ursicino - Martire (28 Aprile)
Martirologio Romano: A Ravenna, commemorazione di San Vitale: in questo giorno, come si tramanda, sotto il suo nome fu dedicata a Dio la celebre basilica in quella città.
Egli insieme ai Santi Martiri Valeria, Gervasio, Protasio e Ursicino è da tempo immemorabile venerato per l’impavida fede tenacemente difesa.
Santi Vitale, Valeria e Ursicino
Vitale e Valeria, genitori dei Santi Gervasio e Protasio, anch’essi martiri, sono celebrati insieme il 28 aprile.
In particolare San Vitale ha avuto, una raffigurazione nell’arte molto vasta, a lui sono dedicate la basilica di San Vitale in Ravenna, con i suoi magnifici mosaici, la chiesa omonima a Venezia, dove è raffigurato vestito da soldato a cavallo che solleva uno stendardo, con lancia, spada e mazza, strumento del martirio della sua sposa Valeria.
Ancora a lui è dedicata la chiesa di S. Vitale a Roma, con gli affreschi narranti il suo martirio.
Le prime notizie che si hanno di Vitale e Valeria provengono da un opuscolo scritto da Filippo, che si nomina ‘servus Christi’ e a cui sono intitolati i più antichi nuclei di vita cristiana a Milano, come
l’hortus Philippi e la domus Philippi; detto opuscolo fu rinvenuto accanto al capo dei corpi dei martiri Gervasio e Protasio, ritrovati da Sant’ Ambrogio nel 396.
L’opuscolo oltre a narrare il martirio dei due fratelli, descrive anche quello dei due genitori Vitale e Valeria e del medico ligure, forse operante a Ravenna Ursicino, vissuti e morti nel III secolo; Vitale è un ufficiale che ha accompagnato il giudice Paolino da Milano a Ravenna.
Scoppiata la persecuzione contro i cristiani, accompagna, incoraggiandolo Ursicino condannato a morte, il quale durante il tragitto verso il luogo dell’esecuzione, era rimasto turbato dall’orrore di trovarsi davanti alla morte violenta. Ursicino viene decapitato e decorosamente sepolto dallo stesso Vitale, dentro la città di Ravenna.
Lo stesso Vitale viene arrestato e dopo aver subito varie torture per farlo apostatare dal cristianesimo, il giudice Paolino ordina che venga gettato in una fossa profonda e ricoperto di sassi e terra; così anch’egli diventa un martire di Ravenna e il suo sepolcro nei pressi della città, diviene fonte di grazie.
La moglie Valeria avrebbe voluto riprendersi il corpo del marito, ma i cristiani di Ravenna glielo impediscono, allora cerca di ritornare a Milano, ma durante il viaggio incontra una banda di villani idolatri, che la invitano a sacrificare con loro al dio Silvano; essa rifiuta e per questo viene percossa così violentemente, che portata a Milano, muore tre giorni dopo.
I giovani figli Gervasio e Protasio, vendono tutti i loro beni, dandoli ai poveri e si dedicano alle sacre letture, alla preghiera e dieci anni dopo vengono anch’essi martirizzati; il già citato Filippo ne cura la sepoltura.
Molti studiosi ritengono che la narrazione sia in parte fantasiosa, riconoscendo nei personaggi citati, altre figure di martiri omonimi venerati sia a Milano che a Ravenna; l’antica chiesa di S. Valeria a Milano, distrutta nel 1786, per gli studiosi non era che la “cella memoriæ” della primitiva area cimiteriale milanese, intitolata appunto alla gens Valeria.
In ogni modo il racconto leggendario o veritiero è documentato da celebri monumenti anche di notevole antichità. La basilica ravennate consacrata il 17 maggio 548, è dedicata oltre che a San Vitale anche ai suoi figli Gervasio e Protasio, le cui immagini sono poste sotto la lista degli apostoli, mentre un altare laterale è dedicato a Sant’ Ursicino.
Nei mosaici di Sant’Apollinare Nuovo poi sono rappresentati tutti i cinque personaggi; dall’11° al 14° posto della fila dei santi vi sono i quattro uomini e al nono posto della fila delle sante c’è Valeria.
Numerosi documenti e Martirologi li nominano durante i secoli, specie San Vitale e Sant’ Ursicino martiri a Ravenna. A Milano sorsero le tre chiese che data la loro vicinanza, confermarono la stretta parentela dei martiri, come era uso costruire allora, la chiesa di S. Vitale, la chiesa di Santa Valeria (poi distrutta) e Sant’Ambrogio dove riposano i due fratelli gemelli Gervasio e Protasio.

(Autore: Antonio Borrelli – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sant'Ursicino, pregate per noi.

*Santa Valeria da Ravenna - Martire (28 Aprile)
Martirologio Romano: A Ravenna, commemorazione di San Vitale: in questo giorno, come si tramanda, sotto il suo nome fu dedicata a Dio la celebre basilica in quella città.
Egli insieme ai santi martiri Valeria, Gervasio, Protasio e Ursicino è da tempo immemorabile venerato per l’impavida fede tenacemente difesa.
Santi Vitale, Valeria e Ursicino
Vitale e Valeria, genitori dei Santi Gervasio e Protasio, anch’essi martiri, sono celebrati insieme il 28 aprile.
In particolare San Vitale ha avuto, una raffigurazione nell’arte molto vasta, a lui sono dedicate la basilica di S. Vitale in Ravenna, con i suoi magnifici mosaici, la chiesa omonima a Venezia, dove
è raffigurato vestito da soldato a cavallo che solleva uno stendardo, con lancia, spada e mazza, strumento del martirio della sua sposa Valeria.
Ancora a lui è dedicata la chiesa di San Vitale a Roma, con gli affreschi narranti il suo martirio.
Le prime notizie che si hanno di Vitale e Valeria provengono da un opuscolo scritto da Filippo, che si nomina ‘servus Christi’ e a cui sono intitolati i più antichi nuclei di vita cristiana a Milano, come l’hortus Philippi e la domus Philippi; detto opuscolo fu rinvenuto accanto al capo dei corpi dei martiri Gervasio e Protasio, ritrovati da Sant’Ambrogio nel 396.
L’opuscolo oltre a narrare il martirio dei due fratelli, descrive anche quello dei due genitori Vitale e Valeria e del medico ligure, forse operante a Ravenna Ursicino, vissuti e morti nel III secolo; Vitale è un ufficiale che ha accompagnato il giudice Paolino da Milano a Ravenna. Scoppiata la persecuzione contro i cristiani, accompagna, incoraggiandolo Ursicino condannato a morte, il quale durante il tragitto verso il luogo dell’esecuzione, era rimasto turbato dall’orrore di trovarsi davanti alla morte violenta. Ursicino viene decapitato e decorosamente sepolto dallo stesso Vitale, dentro la città di Ravenna.
Lo stesso Vitale viene arrestato e dopo aver subito varie torture per farlo apostatare dal cristianesimo, il giudice Paolino ordina che venga gettato in una fossa profonda e ricoperto di sassi e terra; così anch’egli diventa un martire di Ravenna e il suo sepolcro nei pressi della città, diviene fonte di grazie.
La moglie Valeria avrebbe voluto riprendersi il corpo del marito, ma i cristiani di Ravenna glielo impediscono, allora cerca di ritornare a Milano, ma durante il viaggio incontra una banda di villani idolatri, che la invitano a sacrificare con loro al dio Silvano; essa rifiuta e per questo viene percossa così violentemente, che portata a Milano, muore tre giorni dopo.
I giovani figli Gervasio e Protasio, vendono tutti i loro beni, dandoli ai poveri e si dedicano alle sacre letture, alla preghiera e dieci anni dopo vengono anch’essi martirizzati; il già citato Filippo ne cura la sepoltura.
Molti studiosi ritengono che la narrazione sia in parte fantasiosa, riconoscendo nei personaggi
citati, altre figure di martiri omonimi venerati sia a Milano che a Ravenna; l’antica chiesa di S. Valeria a Milano, distrutta nel 1786, per gli studiosi non era che la “cella memoriæ” della primitiva area cimiteriale milanese, intitolata appunto alla gens Valeria.
In ogni modo il racconto leggendario o veritiero è documentato da celebri monumenti anche di notevole antichità.
La basilica ravennate consacrata il 17 maggio 548, è dedicata oltre che a S. Vitale anche ai suoi figli Gervasio e Protasio, le cui immagini sono poste sotto la lista degli apostoli, mentre un altare laterale è dedicato a Sant’Ursicino.
Nei mosaici di Sant’Apollinare Nuovo poi sono rappresentati tutti i cinque personaggi; dall’11° al 14° posto della fila dei santi vi sono i quattro uomini e al nono posto della fila delle Sante c’è Valeria.
Numerosi documenti e Martirologi li nominano durante i secoli, specie San Vitale e Sant’ Ursicino martiri a Ravenna.
A Milano sorsero le tre chiese che data la loro vicinanza, confermarono la stretta parentela dei martiri, come era uso costruire allora, la chiesa di San Vitale, la chiesa di Santa Valeria (poi distrutta) e Sant’Ambrogio dove riposano i due fratelli gemelli Gervasio e Protasio.

(Autore: Antonio Borrelli – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santa Valeria da Ravenna, pregate per noi.

*San Vitale da Ravenna - Martire (28 Aprile)
Martirologio Romano: A Ravenna, commemorazione di San Vitale: in questo giorno, come si tramanda, sotto il suo nome fu dedicata a Dio la celebre basilica in quella città.
Egli insieme ai Santi martiri Valeria, Gervasio, Protasio e Ursicino è da tempo immemorabile venerato per l’impavida fede tenacemente difesa.
Santi Vitale, Valeria e Ursicino
Vitale e Valeria, genitori dei Santi Gervasio e Protasio, anch’essi martiri, sono celebrati insieme il 28 aprile.
In particolare San Vitale ha avuto, una raffigurazione nell’arte molto vasta, a lui sono dedicate la basilica di San Vitale in Ravenna, con i suoi magnifici mosaici, la chiesa omonima a Venezia, dove è
raffigurato vestito da soldato a cavallo che solleva uno stendardo, con lancia, spada e mazza, strumento del martirio della sua sposa Valeria.
Ancora a lui è dedicata la chiesa di San Vitale a Roma, con gli affreschi narranti il suo martirio.
Le prime notizie che si hanno di Vitale e Valeria provengono da un opuscolo scritto da Filippo, che si nomina ‘servus Christi’ e a cui sono intitolati i più antichi nuclei di vita cristiana a Milano, come l’hortus Philippi e la domus Philippi; detto opuscolo fu rinvenuto accanto al capo dei corpi dei martiri Gervasio e Protasio, ritrovati da Sant’Ambrogio nel 396.
L’opuscolo oltre a narrare il martirio dei due fratelli, descrive anche quello dei due genitori Vitale e Valeria e del medico ligure, forse operante a Ravenna Ursicino, vissuti e morti nel III secolo; Vitale è un ufficiale che ha accompagnato il giudice Paolino da Milano a Ravenna.
Scoppiata la persecuzione contro i cristiani, accompagna, incoraggiandolo Ursicino condannato a morte, il quale durante il tragitto verso il luogo dell’esecuzione, era rimasto turbato dall’orrore di trovarsi davanti alla morte violenta.
Ursicino viene decapitato e decorosamente sepolto dallo stesso Vitale, dentro la città di Ravenna.
Lo stesso Vitale viene arrestato e dopo aver subito varie torture per farlo apostatare dal cristianesimo, il giudice Paolino ordina che venga gettato in una fossa profonda e ricoperto di sassi e terra; così anch’egli diventa un martire di Ravenna e il suo sepolcro nei pressi della città, diviene fonte di grazie.
La moglie Valeria avrebbe voluto riprendersi il corpo del marito, ma i cristiani di Ravenna glielo impediscono, allora cerca di ritornare a Milano, ma durante il viaggio incontra una banda di villani idolatri, che la invitano a sacrificare con loro al dio Silvano; essa rifiuta e per questo viene percossa così violentemente, che portata a Milano, muore tre giorni dopo.
I giovani figli Gervasio e Protasio, vendono tutti i loro beni, dandoli ai poveri e si dedicano alle sacre letture, alla preghiera e dieci anni dopo vengono anch’essi martirizzati; il già citato Filippo ne cura la sepoltura.
Molti studiosi ritengono che la narrazione sia in parte fantasiosa, riconoscendo nei personaggi citati, altre figure di martiri omonimi venerati sia a Milano che a Ravenna; l’antica chiesa di San Valeria a Milano, distrutta nel 1786, per gli studiosi non era che la “cella memoriæ” della primitiva area cimiteriale milanese, intitolata appunto alla gens Valeria.
In ogni modo il racconto leggendario o veritiero è documentato da celebri monumenti anche di notevole antichità.
La basilica ravennate consacrata il 17 maggio 548, è dedicata oltre che a S. Vitale anche ai suoi figli Gervasio e Protasio, le cui immagini sono poste sotto la lista degli apostoli, mentre un altare laterale è dedicato a Sant’Ursicino.
Nei mosaici di Sant’ Apollinare Nuovo poi sono rappresentati tutti i cinque personaggi; dall’11° al 14° posto della fila dei santi vi sono i quattro uomini e al nono posto della fila delle sante c’è Valeria.
Numerosi documenti e Martirologi li nominano durante i secoli, specie San Vitale e Sant’ Ursicino martiri a Ravenna. A Milano sorsero le tre chiese che data la loro vicinanza, confermarono la stretta parentela dei martiri, come era uso costruire allora, la chiesa di San Vitale, la chiesa di Santa Valeria (poi distrutta) e Sant’Ambrogio dove riposano i due fratelli gemelli Gervasio e Protasio.

(Autore: Antonio Borrelli – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Vitale da Ravenna, pregate per noi.

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